
Alicudi: gli allucinati siete voi!
Alicudi: gli allucinati siete voi!
Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Testo di Tommaso Ragonese
Foto di Marco Crupi
In questo articolo mi propongo di fornire un breve sunto degli argomenti che affronto approfonditamente nel mio libro ‘Alicudi e la segale cornuta’ per smentire conclusivamente la diceria (chiamarla ipotesi o teoria è decisamente troppo generoso) che la sopravvivenza di un immaginario magico e di credenze stregonesche ad Alicudi sia il prodotto di un’allucinazione collettiva dovuta ad un’intossicazione alimentare. Come vedremo, questa fandonia si smonta con facilità disarmante. Più disarmante ancora, a mio avviso, è il fatto che una fesseria di questo calibro sia diventata una verità conclamata senza il benché minimo fondamento storico o scientifico. Piuttosto che le presunte allucinazioni di Alicudi è proprio questo fatto che merita la nostra attenzione. Il saggio è, infatti, provocatoriamente sottotitolato ‘Alle origini di un’allucinazione collettiva’.
“Se pur di spiegare le credenze mitico-magiche sopravvissute in popolazioni che sono rimaste in qualche modo isolate fino a oggi, al riparo dalle influenze culturali del mondo industrializzato/globalizzato/digitalizzato, si è pronti ad attribuirle a un’allucinazione provocata da un’intossicazione alimentare, allora gli allucinati siamo noi”
Alicudi e la segale Cornuta, p. 166
Il corpo di questo articolo contiene estratti dal libro Alicudi e la Segale Cornuta, edito da Meltemi Editore nella collana Atlantide.
Ciò che resta del mondo arcaico di Alicudi

Ad Alicudi ho il piacere e il privilegio di passare molto tempo in compagnia dei vecchi. Insieme a loro ho cercato di ricostruire la trama di un vissuto, potremmo dire, arcaico dell’isola, la cui testimonianza sono le opere in pietra con cui gli antichi avevano osato l’impossibile: addomesticare “questa roccia arsa dal fuoco, questa lava indurita dall’aria, queste scorie solcate dall’acqua delle tempeste” (Alexandre Dumas, Viaggio alle Eolie). Questo cercare la compagnia dei vecchi, talvolta silenziosa come l’isola, talaltra punteggiata dai loro racconti, mi ha trascinato nel loro mondo: un mondo di capperi e di pesci, di reti e di mazze, di barche e di scecchi. Ma anche il mondo di spiriti e demoni. Mi ritrovai, come Caro Baroja tra i contadini baschi, in prossimità di gente che, “protetta dietro lo scudo della loro misteriosa lingua [della loro misteriosa isola, nel caso degli anziani arcudari; N.d.A.], conservava un’immagine del mondo di tipo arcaico”. Anche l’antropologo spagnolo ebbe
“l’occasione di conversare con persone anziane […] che potevano essere considerati casi rilevanti di mentalità magica. Uno dei tratti più caratteristici […] era quello di credere fermamente nella facoltà, attribuita a certi esseri umani, di trasformarsi in animali, di volare o di compiere altre azioni che nel complesso siamo soliti chiamare (a volte senza sapere perché) stregonesche.”
Julio Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo
E così il primo capitolo del libro è un viaggio attraverso il mondo mitico-magico di Alicudi, dai pescatori che tagliano trombe marine alle matriarche di famiglie dedite all’agricoltura e alla pastorizia che raccontano di voci, apparizioni, riti e formule misteriose. Compaiono spiriti che banchettano, donne che si tramutano in serpe, diavuli malevoli, animali ‘malocchiati’ e le famigerate majare, donne che ‘conoscevano le parole’ e che, ungendosi con un’acqua ‘speciale’, erano in grado di compiere voli notturni e razzie in terre lontane. Storie con un significato o, nelle parole dello storico Trevor-Roper, “spazzatura mentale della creduloneria popolare”? Non facevo in tempo a domandarmelo che da tutte le parti mi arrivava una sola risposta: è colpa della segale cornuta! Tutti drogati da pane ammuffito che causava allucinazioni! Alé.

Silverio T. (sinistra) ed io alla cala delle reti.
La genesi di una fandonia
Stando a sentire i turisti o facendo una rapida ricerca online, è evidente che la notizia ha già fatto il giro del mondo: Sudafrica, Regno Unito, Australia, Francia, Croazia. CNN Travel titola: Alicudi: Italy’s LSD island, ovvero: Alicudi: l’isola italiana dell’LSD. Traduco dall’inglese:
“Quello [l’attuale Casa Mulino] era il vecchio mulino del paese dove le donne facevano ogni mattina il pane allucinogeno e dove nuvole di polvere psichedelica hanno aleggiato per decenni […]. Generazioni di isolani si sono nutriti di pane contaminato dalla segale cornuta […]. Le donne preparavano il pane allucinogeno ogni mattina e servivano a mariti e figli la loro dose quotidiana di LSD […]. Tutti gli isolani erano drogati senza nemmeno saperlo […]. Visioni e trip mentali erano avventure quotidiane […]. Questa gente era fatta di LSD 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.”

Alicudi: vista dello Scario (1915). In basso a destra l’attuale Casa Mulino.
In nessuno degli articoli in cui viene trattato l’argomento si trova alcun dato concreto a suffragio di questa versione dei fatti. Nessun riferimento a documenti storici, ritrovamenti archeobotanici, studi pubblicati su riviste scientifiche o da editori con un minimo di reputazione. Giusto qualche frase a effetto condita da un “l’ha detto l’antropologo”, o “l’ha detto lo storico locale”. Tra coloro che gridano all’allucinazione collettiva quasi nessuno sa nemmeno da dove sia emersa questa versione dei fatti. Il responsabile della sua divulgazione è un personaggio che compare sia in una puntata della rubrica televisiva Mediterraneo andata in onda su Rai 3 nel 1996 che, una decina di anni dopo, in un breve documentario intitolato ‘L’isola analogica’. Si tratta di Elio Zagami, psichiatra e psicanalista di origini arcudare. Qui di seguito si possono visionare entrambi:
Quando le donne volavano – RAI, Mediterraneo (1996)
L’isola analogica (2007)
Suggestionante, sbalorditiva, geniale: la tesi di Elio è oggi una verità conclamata. Per il popolo di internet, che a luglio 2022 supera i 5 miliardi di persone, ovvero il 65% della popolazione mondiale, i racconti di streghe, spiriti e cose tinte ad Alicudi hanno finalmente una spiegazione. Per gli scettici come me, che su questo scoglio ho avuto il privilegio di vivere, al riparo da internet, per gli ultimi quattro anni, l’unico motivo di sbalordimento è come una congettura fantasiosa possa essere stata presa così seriamente.
Stronzate a mille

Andiamo con ordine. Col termine italiano ‘segale cornuta’ ci si riferisce agli sclerozi del fungo ascomicete noto scientificamente come Claviceps purpurea (Fries ex Fries) Tulasne, 1853. Più conosciuto con il termine francese ergot, ossia “sperone”, questo fungo parassita genera, nelle graminacee infette, delle escrescenze a forma di speroni o di corna, di colore nero, grigio scuro o purpureo, da cui, appunto, l’appellativo di segale cornuta. Si dà il caso che tali sclerozi ospitino un largo spettro di sostanze farmacologicamente attive tra cui oltre quaranta alcaloidi. Alcune proprietà di questi sclerozi erano già note nella medicina popolare tedesca del XVI secolo, come farmaco uterotonico per stimolare le contrazioni del parto o indurre un aborto. L’ingestione di cereali contaminati dal fungo è stata ritenuta fin dalla fine del ‘600 responsabile di episodi di ‘ergotismo’, una sindrome dal quadro sintomatologico estremamente variabile, dalle cancrene alle crisi convulsive accompagnate da delirio. La componente psicoattiva degli alcaloidi dell’ergot ha goduto improvvisamente di una notorietà senza precedenti a partire dal secondo dopoguerra. Ciò è avvenuto in seguito all’isolamento a partire dall’acido lisergico (la molecola farmacologicamente attiva comune agli alcaloidi dell’ergot) della dietilamide dell’acido d-lisergico, meglio nota come LSD, da parte del chimico svizzero Albert Hofmann.
Non è un caso che Elio Zagami si specializzò in psichiatria all’Università di Napoli negli anni ‘60, periodo in cui, bisogna ricordarlo, l’LSD veniva commercializzato dalla casa farmaceutica Sandoz come farmaco psichiatrico con il nome di ‘Delysid’ per il trattamento, tra l’altro, dei disturbi dell’umore. Elio fu non soltanto aperto e interessato all’esplorazione dell’esperienza psichedelica ma fu certamente influenzato, nella formulazione della tesi dell’allucinazione collettiva di Alicudi, da una certa letteratura che in quegli anni tendeva a stabilire un nesso causale tra l’assunzione di segale cornuta ed episodi di visioni, deliri, isterie, esperienze allucinatorie individuali o collettive verificatisi in diversi momenti storici.
Robert Gordon Wasson inaugurò questa letteratura insieme al chimico Albert Hofmann e al classicista Carl Ruck con il libro The Road to Eleusis, sostenendo che la segale cornuta fosse l’ingrediente psicotropo del kikeon, bevanda rituale usata nel culto eleusino di Demetra. Mary Kilbourne Matossian ha sostenuto che l’ergotismo fosse coinvolto nella tristemente famosa caccia alle streghe di Salem Village in Massachusetts, mentre Carlo Ginzburg, in Storia Notturna, sempre sulla base delle ricerche di Wasson, ha azzardato che vi fossero delle associazioni tra la licantropia, il Soma-haoma (pianta-divinità delle religioni zoroastrica e vedica) e i funghi Amanita muscaria o Claviceps purpurea. Un altro fatto di cui Elio Zagami avrà certamente tenuto conto è il cosiddetto affaire du pain maudit, un’intossicazione collettiva che provocò deliri e allucinazioni tra gli abitanti del piccolo villaggio francese di Pont-Saint-Esprit nel 1951 e che fu causata, si pensò inizialmente, da una partita di farina contaminata da segale cornuta.

Elio Zagami sulla sinistra.
Nel secondo capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta ho approfondito ognuna di queste ipotesi, sottoponendola ad un rigoroso vaglio critico e concludendo che si tratta di pure congetture indimostrabili, sostenute da argomentazioni deboli o fallaci. Le stesse debolezze che ho evidenziato in dettaglio nel terzo capitolo riguardo l’ipotesi di Zagami circa la presunta ‘epidemia di segale cornuta’ ad Alicudi. In particolare, ho argomentato (i) che le notizie sulla coltivazione della segale e su fenomeni di ergotismo nel Sud Italia sono esigue; (ii) che, sebbene sia plausibile che la segale fosse coltivata alle isole Eolie, essa rimaneva un cereale “di ripiego” rispetto al frumento e all’orzo e che non sono comunque mai state registrate infestazioni fungine “epidemiche” tra le graminacee domestiche nell’arcipelago eoliano; (iii) che, se è vero che ad Alicudi si verificarono fenomeni allucinatori, è ugualmente plausibile che questi siano stati causati da tutta un’altra serie di micotossine o dallo stato di indigenza unito ai fragili equilibri psichici degli isolani; (iv) che gli alcaloidi della segale cornuta, oltre agli effetti psicoattivi, causano in genere un ampio spettro di effetti collaterali, inclusa la morte, che non risultano affatto documentati e di cui non esiste alcuna traccia nella memoria orale.
“La debolezza fondamentale delle ipotesi ergotiche, da Ginzburg a Elio Zagami, sta nel fatto che si basano su un ragionamento al contrario, un reverse engineering puramente congetturale basato sull’equazione, implicita ed erronea, segale cornuta = LSD. All’associazione tra LSD e segale cornuta, che consiste nel fatto che il primo è stato isolato a partire da un alcaloide della seconda, Ginzburg conferisce un vero e proprio carattere mitologico. È come dire che, dal momento che dal petrolio si estrae la benzina Super a 95-98 ottani, allora il petrolio è benzina Super a 95-98 ottani. Ma dubito che la vostra macchina “digerisca” questa minchiata.”
Alicudi e la Segale Cornuta, p. 100
Potremmo anche rimanere agnostici riguardo la presenza della segale alle isole Eolie, riguardo la sua vulnerabilità all’ergot e riguardo la presunta psicoattività di quest’ultimo. Tuttavia non credo sia possibile dare alcun credito a speculazioni, congetture o ipotesi ergotiche per spiegare i cunti arcudari alla luce di un singolo fatto, “costituito dalla ricorrenza di racconti analoghi in tutte le isole dell’arcipelago e, soprattutto, dalla loro cronologia, estesa ad un arco temporale assai più vasto” dei tre anni tra il 1902 e il 1905, come sottolinea giustamente Pietro Lo Cascio in un trafiletto nel suo volume Le Isole Eolie. L’ipotesi dell’intossicazione collettiva da segale cornuta esposta da Elio Zagami in Quando le donne volavano e ne L’isola analogica e poi riverberata dalla stampa di mezzo mondo può dirsi, dunque, conclusivamente smentita dal fatto che la quasi totalità dei racconti arcudari collima con un panorama mitologico comune non solo all’intero arcipelago eoliano ma al bacino del Mediterraneo e a tradizioni di respiro indoeuropeo, le cui origini si perdono, come spesso accade nella storia dell’oralità, nell’alba dei tempi. È questa, in realtà, la storia fantastica di Alicudi.
La vera storia fantastica di Alicudi
Ricordo con piacere le settimane trascorse a condurre ricerche presso la Biblioteca Nazionale di Firenze. Settimane in cui prese forma il quarto capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta titolato ‘Analisi Comparata della mitologia arcudara’. In questo capitolo metto in luce correlazioni, isomorfismi, continuità tra le strutture narrative, le immagini, i simboli e i protagonisti dei racconti di Alicudi ed altre tradizioni mitico-magiche. A partire da altri racconti dell’arcipelago eoliano già raccolti in alcuni lavori di ricerca etnoantropologica moltissimi sono gli elementi che collocano l’immaginario arcudaro all’interno di una cornice geografica e culturale ben più ampia, e che lo configurano come del tutto coerente con quello che Carlo Ginzburg ha definito il “remoto sostrato eurasiatico” nel quale affonda le radici l’intero edificio culturale dell’Occidente.

Gesù e l’indemoniato di Gerasa. Alexander Master (1430).
I maiali posseduti che si gettano in acqua sono reminiscenti del racconto biblico dell’indemoniato geraseno. Le donne che praticano sortilegi con l’ausilio di unguenti e sortilegi, prima di essere codificate nella figura della strega dalla Santa Inquisizione, compaiono già nelle Metamorfosi di Apuleio o nel Satyricon di Petronio; il nome delle donne dedite al culto notturno della dea Diana, ‘Dianare’, è origine etimologica del termine dialettale ‘janare’, in Campania, poi ‘majare’ in Sicilia. Il loro ‘pentolino’ magico è già protagonista del viaggio di Ercole verso la terra extramondana delle Esperidi. Il valore apotropaico dei nodi era noto tanto ai maghi Lapponi quanto alle streghe dello Shetland secondo lo storico saggio dell’antropologo scozzese James Frazer ‘Il ramo d’oro’.
Allo stesso modo era noto quello dei chiodi o dei numeri 3 e 7 nel folklore romagnolo secondo gli studi di Michele Placucci o nelle credenze popolari calabresi, secondo quelli di Vincenzo Dorsa. Lo stesso si può dire del sale come si evince dagli archivi processuali dell’Inquisizione o dall’opera Disquisitionum Magicarum di Martin del Rio (1606). Il melograno è già simbolo di una continuità tra il regno vivente ed il regno dei morti nel mito del ratto di Persefone ed è rimasto nella tradizione pugliese del cicc cuott o “grano dei morti”, pietanza a base di grano e melograno, preparata la sera di Ognissanti per ristorare gli spiriti dei defunti nel loro transito annuale attraverso il mondo dei vivi. La labilità del confine vita-morte è evidente nella credenza diffusa ad Alicudi come in buona parte del Sud Italia che le serpi (o anche altri rettili) siano in realtà anime dei defunti. Credenza, questa, già presente nel culto greco-latino degli ἀγαθοδαίμωνες e dei lares, ‘spiriti buoni’, custodi della casa.

Raffigurazione serpentiforme dei Lari romani, Pompei VII, 6, 3, 8905.
Segale cornuta? Allucinazioni collettive? Mi viene in mente la scena del film Paz!, tratto dai fumetti di Andrea Pazienza, colonna sonora dei CCCP, in cui il tormentato Pentothal, di fronte alla retorica urlante dei movimenti studenteschi della Bologna degli anni ’70, finiva con lo sbottare: “Stronzate a mille!”. Se la stampa avesse prestato la dovuta attenzione alle parole di Elio Zagami Alicudi e la Segale Cornuta non sarebbe mai stato scritto. “A caccia di quali storie siete?”, aveva chiesto Elio ai documentaristi all’inizio de L’isola analogica, “A caccia di storie fantastiche o a caccia di storie reali?”. La risposta non è, come si può credere, che il racconto del mito è una storia fantastica e l’intossicazione allucinogena è la storia reale. Le cose sono più complesse. Ma la complessità non sembra essere, purtroppo, compatibile con gli stili di vita, l’ideologia prevalente, la metafisica disincantata, la soglia dell’attenzione e la media di approfondimento culturale di oggi.
Credo lo sapesse bene Elio e sospettasse che la storiella dell’allucinazione collettiva avrebbe accattivato buona parte delle testate giornalistiche a caccia di click e dei loro stipendiati pennivendoli. Ma Elio era un uomo più intimamente legato alla complessità di quanto possa forse sembrare. È sua, d’altro canto, la frase “non c’è bisogno di andare in cerca di storie fantastiche perché la realtà stessa è una storia fantastica”. Significa che la sopravvivenza di una mentalità mitico-magica ad Alicudi (nonché la sua trasposizione in una peculiarissima ‘mitologia del quotidiano’ nella quale la popolazione isolana odierna rimane immersa) e di un patrimonio folklorico in generale sono da celebrare perché possono forse suggerirci qualcosa che abbiamo dimenticato.
Ovvero che l’uomo, per chiosare lo storico Harari, è un animale il cui tratto distintivo è la creazione, la narrazione e la codificazione di storie fittizie. Il mito è nel nostro corredo psicofisiologico. La ‘realtà’ è tutt’altro che qualcosa di scontato, soprattutto per quanto riguarda le frontiere tra la realtà fisica e il mondo immaginario e onirico, il mondo dei segni e della notte, l’inconscio. Zagami definisce quest’ultimo una ‘realtà analogica’, dove non regna la logica ma la fantasia, il simbolismo, l’allegoria, così come anche la contraddizione, l’assurdo, la confusione. La sfida lanciata dall’immaginario magico di Alicudi all’uomo contemporaneo è dunque il recupero e l’integrazione del suo immaginario, del suo patrimonio arcaico fatto di storie, immagini e miti, di contenuti simbolici e ana-logici come antidoto all’ansia ed allo spaesamento.
Alicudi e la segale cornuta non è, difatti, soltanto un’indagine condotta per restituire all’immaginario mitico-magico di Alicudi la dignità che gli spetta nella grande cornice della complessità del vissuto umano ma è piuttosto un tassello di una più ampia visione di critica culturale che rivendica un approccio razionale alle narrative umane di tipo non-scientifico (epica, poesia, religione etc). La perdita di ogni tipo di legame identitario, di contatto quotidiano e di capacità interpretativa di ciò che non è spiegabile utilizzando i metodi delle scienze naturali potrebbe significare che abbiamo immolato inconsapevolmente all’altare del presunto ‘progresso scientifico’, nel culto monoteistico della crescita economica il mistero, l’incanto, la meraviglia dello stare al mondo. Potrebbe significare rimanere in una realtà distorta in cui l’impossibile del mito può solo essere o ‘spazzatura mentale della creduloneria popolare’ o un delirio allucinatorio dovuto a un’intossicazione. Abbiamo ucciso prima Dio (Nietzsche), poi le lucciole (Pasolini) e forse stiamo strangolando lentamente quello che di più umano rimane in noi stessi.

Tommaso Ragonese
Filosofo, guida sportivo escursionistica, ex velista sportivo. Dal 2021 vive ad Alicudi dedicandosi alla pratica delle attività tradizionali, alla ricerca storica, etnografica, archeobotanica ed alle pratiche contemplative. Ha pubblicato ‘Il Bene sia con Voi!‘ (2022) e il saggio ‘Alicudi e la segale cornuta’ (2024). Oggi è la guida dell’isola e produce ‘Arcura’, un vino artigianale ottenuto recuperando vecchi vigneti ad alberello in contrade storiche.
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Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Testo di Tommaso Ragonese
Foto di Marco Crupi
In questo articolo mi propongo di fornire un breve sunto degli argomenti che affronto approfonditamente nel mio libro ‘Alicudi e la segale cornuta’ per smentire conclusivamente la diceria (chiamarla ipotesi o teoria è decisamente troppo generoso) che la sopravvivenza di un immaginario magico e di credenze stregonesche ad Alicudi sia il prodotto di un’allucinazione collettiva dovuta ad un’intossicazione alimentare. Come vedremo, questa fandonia si smonta con facilità disarmante. Più disarmante ancora, a mio avviso, è il fatto che una fesseria di questo calibro sia diventata una verità conclamata senza il benché minimo fondamento storico o scientifico. Piuttosto che le presunte allucinazioni di Alicudi è proprio questo fatto che merita la nostra attenzione. Il saggio è, infatti, provocatoriamente sottotitolato ‘Alle origini di un’allucinazione collettiva’.
“Se pur di spiegare le credenze mitico-magiche sopravvissute in popolazioni che sono rimaste in qualche modo isolate fino a oggi, al riparo dalle influenze culturali del mondo industrializzato/globalizzato/digitalizzato, si è pronti ad attribuirle a un’allucinazione provocata da un’intossicazione alimentare, allora gli allucinati siamo noi”
Alicudi e la segale Cornuta, p. 166
Il corpo di questo articolo contiene estratti dal libro Alicudi e la Segale Cornuta, edito da Meltemi Editore nella collana Atlantide.
Ciò che resta del mondo arcaico di Alicudi

Ad Alicudi ho il piacere e il privilegio di passare molto tempo in compagnia dei vecchi. Insieme a loro ho cercato di ricostruire la trama di un vissuto, potremmo dire, arcaico dell’isola, la cui testimonianza sono le opere in pietra con cui gli antichi avevano osato l’impossibile: addomesticare “questa roccia arsa dal fuoco, questa lava indurita dall’aria, queste scorie solcate dall’acqua delle tempeste” (Alexandre Dumas, Viaggio alle Eolie). Questo cercare la compagnia dei vecchi, talvolta silenziosa come l’isola, talaltra punteggiata dai loro racconti, mi ha trascinato nel loro mondo: un mondo di capperi e di pesci, di reti e di mazze, di barche e di scecchi. Ma anche il mondo di spiriti e demoni. Mi ritrovai, come Caro Baroja tra i contadini baschi, in prossimità di gente che, “protetta dietro lo scudo della loro misteriosa lingua [della loro misteriosa isola, nel caso degli anziani arcudari; N.d.A.], conservava un’immagine del mondo di tipo arcaico”. Anche l’antropologo spagnolo ebbe
“l’occasione di conversare con persone anziane […] che potevano essere considerati casi rilevanti di mentalità magica. Uno dei tratti più caratteristici […] era quello di credere fermamente nella facoltà, attribuita a certi esseri umani, di trasformarsi in animali, di volare o di compiere altre azioni che nel complesso siamo soliti chiamare (a volte senza sapere perché) stregonesche.”
Julio Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo
E così il primo capitolo del libro è un viaggio attraverso il mondo mitico-magico di Alicudi, dai pescatori che tagliano trombe marine alle matriarche di famiglie dedite all’agricoltura e alla pastorizia che raccontano di voci, apparizioni, riti e formule misteriose. Compaiono spiriti che banchettano, donne che si tramutano in serpe, diavuli malevoli, animali ‘malocchiati’ e le famigerate majare, donne che ‘conoscevano le parole’ e che, ungendosi con un’acqua ‘speciale’, erano in grado di compiere voli notturni e razzie in terre lontane. Storie con un significato o, nelle parole dello storico Trevor-Roper, “spazzatura mentale della creduloneria popolare”? Non facevo in tempo a domandarmelo che da tutte le parti mi arrivava una sola risposta: è colpa della segale cornuta! Tutti drogati da pane ammuffito che causava allucinazioni! Alé.

Silverio T. (sinistra) ed io alla cala delle reti.
La genesi di una fandonia
Stando a sentire i turisti o facendo una rapida ricerca online, è evidente che la notizia ha già fatto il giro del mondo: Sudafrica, Regno Unito, Australia, Francia, Croazia. CNN Travel titola: Alicudi: Italy’s LSD island, ovvero: Alicudi: l’isola italiana dell’LSD. Traduco dall’inglese:
“Quello [l’attuale Casa Mulino] era il vecchio mulino del paese dove le donne facevano ogni mattina il pane allucinogeno e dove nuvole di polvere psichedelica hanno aleggiato per decenni […]. Generazioni di isolani si sono nutriti di pane contaminato dalla segale cornuta […]. Le donne preparavano il pane allucinogeno ogni mattina e servivano a mariti e figli la loro dose quotidiana di LSD […]. Tutti gli isolani erano drogati senza nemmeno saperlo […]. Visioni e trip mentali erano avventure quotidiane […]. Questa gente era fatta di LSD 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.”

Alicudi: vista dello Scario (1915). In basso a destra l’attuale Casa Mulino.
In nessuno degli articoli in cui viene trattato l’argomento si trova alcun dato concreto a suffragio di questa versione dei fatti. Nessun riferimento a documenti storici, ritrovamenti archeobotanici, studi pubblicati su riviste scientifiche o da editori con un minimo di reputazione. Giusto qualche frase a effetto condita da un “l’ha detto l’antropologo”, o “l’ha detto lo storico locale”. Tra coloro che gridano all’allucinazione collettiva quasi nessuno sa nemmeno da dove sia emersa questa versione dei fatti. Il responsabile della sua divulgazione è un personaggio che compare sia in una puntata della rubrica televisiva Mediterraneo andata in onda su Rai 3 nel 1996 che, una decina di anni dopo, in un breve documentario intitolato ‘L’isola analogica’. Si tratta di Elio Zagami, psichiatra e psicanalista di origini arcudare. Qui di seguito si possono visionare entrambi:
Quando le donne volavano – RAI, Mediterraneo (1996)
L’isola analogica (2007)
Suggestionante, sbalorditiva, geniale: la tesi di Elio è oggi una verità conclamata. Per il popolo di internet, che a luglio 2022 supera i 5 miliardi di persone, ovvero il 65% della popolazione mondiale, i racconti di streghe, spiriti e cose tinte ad Alicudi hanno finalmente una spiegazione. Per gli scettici come me, che su questo scoglio ho avuto il privilegio di vivere, al riparo da internet, per gli ultimi quattro anni, l’unico motivo di sbalordimento è come una congettura fantasiosa possa essere stata presa così seriamente.
Stronzate a mille

Andiamo con ordine. Col termine italiano ‘segale cornuta’ ci si riferisce agli sclerozi del fungo ascomicete noto scientificamente come Claviceps purpurea (Fries ex Fries) Tulasne, 1853. Più conosciuto con il termine francese ergot, ossia “sperone”, questo fungo parassita genera, nelle graminacee infette, delle escrescenze a forma di speroni o di corna, di colore nero, grigio scuro o purpureo, da cui, appunto, l’appellativo di segale cornuta. Si dà il caso che tali sclerozi ospitino un largo spettro di sostanze farmacologicamente attive tra cui oltre quaranta alcaloidi. Alcune proprietà di questi sclerozi erano già note nella medicina popolare tedesca del XVI secolo, come farmaco uterotonico per stimolare le contrazioni del parto o indurre un aborto. L’ingestione di cereali contaminati dal fungo è stata ritenuta fin dalla fine del ‘600 responsabile di episodi di ‘ergotismo’, una sindrome dal quadro sintomatologico estremamente variabile, dalle cancrene alle crisi convulsive accompagnate da delirio. La componente psicoattiva degli alcaloidi dell’ergot ha goduto improvvisamente di una notorietà senza precedenti a partire dal secondo dopoguerra. Ciò è avvenuto in seguito all’isolamento a partire dall’acido lisergico (la molecola farmacologicamente attiva comune agli alcaloidi dell’ergot) della dietilamide dell’acido d-lisergico, meglio nota come LSD, da parte del chimico svizzero Albert Hofmann.
Non è un caso che Elio Zagami si specializzò in psichiatria all’Università di Napoli negli anni ‘60, periodo in cui, bisogna ricordarlo, l’LSD veniva commercializzato dalla casa farmaceutica Sandoz come farmaco psichiatrico con il nome di ‘Delysid’ per il trattamento, tra l’altro, dei disturbi dell’umore. Elio fu non soltanto aperto e interessato all’esplorazione dell’esperienza psichedelica ma fu certamente influenzato, nella formulazione della tesi dell’allucinazione collettiva di Alicudi, da una certa letteratura che in quegli anni tendeva a stabilire un nesso causale tra l’assunzione di segale cornuta ed episodi di visioni, deliri, isterie, esperienze allucinatorie individuali o collettive verificatisi in diversi momenti storici.
Robert Gordon Wasson inaugurò questa letteratura insieme al chimico Albert Hofmann e al classicista Carl Ruck con il libro The Road to Eleusis, sostenendo che la segale cornuta fosse l’ingrediente psicotropo del kikeon, bevanda rituale usata nel culto eleusino di Demetra. Mary Kilbourne Matossian ha sostenuto che l’ergotismo fosse coinvolto nella tristemente famosa caccia alle streghe di Salem Village in Massachusetts, mentre Carlo Ginzburg, in Storia Notturna, sempre sulla base delle ricerche di Wasson, ha azzardato che vi fossero delle associazioni tra la licantropia, il Soma-haoma (pianta-divinità delle religioni zoroastrica e vedica) e i funghi Amanita muscaria o Claviceps purpurea. Un altro fatto di cui Elio Zagami avrà certamente tenuto conto è il cosiddetto affaire du pain maudit, un’intossicazione collettiva che provocò deliri e allucinazioni tra gli abitanti del piccolo villaggio francese di Pont-Saint-Esprit nel 1951 e che fu causata, si pensò inizialmente, da una partita di farina contaminata da segale cornuta.

Elio Zagami sulla sinistra.
Nel secondo capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta ho approfondito ognuna di queste ipotesi, sottoponendola ad un rigoroso vaglio critico e concludendo che si tratta di pure congetture indimostrabili, sostenute da argomentazioni deboli o fallaci. Le stesse debolezze che ho evidenziato in dettaglio nel terzo capitolo riguardo l’ipotesi di Zagami circa la presunta ‘epidemia di segale cornuta’ ad Alicudi. In particolare, ho argomentato (i) che le notizie sulla coltivazione della segale e su fenomeni di ergotismo nel Sud Italia sono esigue; (ii) che, sebbene sia plausibile che la segale fosse coltivata alle isole Eolie, essa rimaneva un cereale “di ripiego” rispetto al frumento e all’orzo e che non sono comunque mai state registrate infestazioni fungine “epidemiche” tra le graminacee domestiche nell’arcipelago eoliano; (iii) che, se è vero che ad Alicudi si verificarono fenomeni allucinatori, è ugualmente plausibile che questi siano stati causati da tutta un’altra serie di micotossine o dallo stato di indigenza unito ai fragili equilibri psichici degli isolani; (iv) che gli alcaloidi della segale cornuta, oltre agli effetti psicoattivi, causano in genere un ampio spettro di effetti collaterali, inclusa la morte, che non risultano affatto documentati e di cui non esiste alcuna traccia nella memoria orale.
“La debolezza fondamentale delle ipotesi ergotiche, da Ginzburg a Elio Zagami, sta nel fatto che si basano su un ragionamento al contrario, un reverse engineering puramente congetturale basato sull’equazione, implicita ed erronea, segale cornuta = LSD. All’associazione tra LSD e segale cornuta, che consiste nel fatto che il primo è stato isolato a partire da un alcaloide della seconda, Ginzburg conferisce un vero e proprio carattere mitologico. È come dire che, dal momento che dal petrolio si estrae la benzina Super a 95-98 ottani, allora il petrolio è benzina Super a 95-98 ottani. Ma dubito che la vostra macchina “digerisca” questa minchiata.”
Alicudi e la Segale Cornuta, p. 100
Potremmo anche rimanere agnostici riguardo la presenza della segale alle isole Eolie, riguardo la sua vulnerabilità all’ergot e riguardo la presunta psicoattività di quest’ultimo. Tuttavia non credo sia possibile dare alcun credito a speculazioni, congetture o ipotesi ergotiche per spiegare i cunti arcudari alla luce di un singolo fatto, “costituito dalla ricorrenza di racconti analoghi in tutte le isole dell’arcipelago e, soprattutto, dalla loro cronologia, estesa ad un arco temporale assai più vasto” dei tre anni tra il 1902 e il 1905, come sottolinea giustamente Pietro Lo Cascio in un trafiletto nel suo volume Le Isole Eolie. L’ipotesi dell’intossicazione collettiva da segale cornuta esposta da Elio Zagami in Quando le donne volavano e ne L’isola analogica e poi riverberata dalla stampa di mezzo mondo può dirsi, dunque, conclusivamente smentita dal fatto che la quasi totalità dei racconti arcudari collima con un panorama mitologico comune non solo all’intero arcipelago eoliano ma al bacino del Mediterraneo e a tradizioni di respiro indoeuropeo, le cui origini si perdono, come spesso accade nella storia dell’oralità, nell’alba dei tempi. È questa, in realtà, la storia fantastica di Alicudi.
La vera storia fantastica di Alicudi
Ricordo con piacere le settimane trascorse a condurre ricerche presso la Biblioteca Nazionale di Firenze. Settimane in cui prese forma il quarto capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta titolato ‘Analisi Comparata della mitologia arcudara’. In questo capitolo metto in luce correlazioni, isomorfismi, continuità tra le strutture narrative, le immagini, i simboli e i protagonisti dei racconti di Alicudi ed altre tradizioni mitico-magiche. A partire da altri racconti dell’arcipelago eoliano già raccolti in alcuni lavori di ricerca etnoantropologica moltissimi sono gli elementi che collocano l’immaginario arcudaro all’interno di una cornice geografica e culturale ben più ampia, e che lo configurano come del tutto coerente con quello che Carlo Ginzburg ha definito il “remoto sostrato eurasiatico” nel quale affonda le radici l’intero edificio culturale dell’Occidente.

Gesù e l’indemoniato di Gerasa. Alexander Master (1430).
I maiali posseduti che si gettano in acqua sono reminiscenti del racconto biblico dell’indemoniato geraseno. Le donne che praticano sortilegi con l’ausilio di unguenti e sortilegi, prima di essere codificate nella figura della strega dalla Santa Inquisizione, compaiono già nelle Metamorfosi di Apuleio o nel Satyricon di Petronio; il nome delle donne dedite al culto notturno della dea Diana, ‘Dianare’, è origine etimologica del termine dialettale ‘janare’, in Campania, poi ‘majare’ in Sicilia. Il loro ‘pentolino’ magico è già protagonista del viaggio di Ercole verso la terra extramondana delle Esperidi. Il valore apotropaico dei nodi era noto tanto ai maghi Lapponi quanto alle streghe dello Shetland secondo lo storico saggio dell’antropologo scozzese James Frazer ‘Il ramo d’oro’.
Allo stesso modo era noto quello dei chiodi o dei numeri 3 e 7 nel folklore romagnolo secondo gli studi di Michele Placucci o nelle credenze popolari calabresi, secondo quelli di Vincenzo Dorsa. Lo stesso si può dire del sale come si evince dagli archivi processuali dell’Inquisizione o dall’opera Disquisitionum Magicarum di Martin del Rio (1606). Il melograno è già simbolo di una continuità tra il regno vivente ed il regno dei morti nel mito del ratto di Persefone ed è rimasto nella tradizione pugliese del cicc cuott o “grano dei morti”, pietanza a base di grano e melograno, preparata la sera di Ognissanti per ristorare gli spiriti dei defunti nel loro transito annuale attraverso il mondo dei vivi. La labilità del confine vita-morte è evidente nella credenza diffusa ad Alicudi come in buona parte del Sud Italia che le serpi (o anche altri rettili) siano in realtà anime dei defunti. Credenza, questa, già presente nel culto greco-latino degli ἀγαθοδαίμωνες e dei lares, ‘spiriti buoni’, custodi della casa.

Raffigurazione serpentiforme dei Lari romani, Pompei VII, 6, 3, 8905.
Segale cornuta? Allucinazioni collettive? Mi viene in mente la scena del film Paz!, tratto dai fumetti di Andrea Pazienza, colonna sonora dei CCCP, in cui il tormentato Pentothal, di fronte alla retorica urlante dei movimenti studenteschi della Bologna degli anni ’70, finiva con lo sbottare: “Stronzate a mille!”. Se la stampa avesse prestato la dovuta attenzione alle parole di Elio Zagami Alicudi e la Segale Cornuta non sarebbe mai stato scritto. “A caccia di quali storie siete?”, aveva chiesto Elio ai documentaristi all’inizio de L’isola analogica, “A caccia di storie fantastiche o a caccia di storie reali?”. La risposta non è, come si può credere, che il racconto del mito è una storia fantastica e l’intossicazione allucinogena è la storia reale. Le cose sono più complesse. Ma la complessità non sembra essere, purtroppo, compatibile con gli stili di vita, l’ideologia prevalente, la metafisica disincantata, la soglia dell’attenzione e la media di approfondimento culturale di oggi.
Credo lo sapesse bene Elio e sospettasse che la storiella dell’allucinazione collettiva avrebbe accattivato buona parte delle testate giornalistiche a caccia di click e dei loro stipendiati pennivendoli. Ma Elio era un uomo più intimamente legato alla complessità di quanto possa forse sembrare. È sua, d’altro canto, la frase “non c’è bisogno di andare in cerca di storie fantastiche perché la realtà stessa è una storia fantastica”. Significa che la sopravvivenza di una mentalità mitico-magica ad Alicudi (nonché la sua trasposizione in una peculiarissima ‘mitologia del quotidiano’ nella quale la popolazione isolana odierna rimane immersa) e di un patrimonio folklorico in generale sono da celebrare perché possono forse suggerirci qualcosa che abbiamo dimenticato.
Ovvero che l’uomo, per chiosare lo storico Harari, è un animale il cui tratto distintivo è la creazione, la narrazione e la codificazione di storie fittizie. Il mito è nel nostro corredo psicofisiologico. La ‘realtà’ è tutt’altro che qualcosa di scontato, soprattutto per quanto riguarda le frontiere tra la realtà fisica e il mondo immaginario e onirico, il mondo dei segni e della notte, l’inconscio. Zagami definisce quest’ultimo una ‘realtà analogica’, dove non regna la logica ma la fantasia, il simbolismo, l’allegoria, così come anche la contraddizione, l’assurdo, la confusione. La sfida lanciata dall’immaginario magico di Alicudi all’uomo contemporaneo è dunque il recupero e l’integrazione del suo immaginario, del suo patrimonio arcaico fatto di storie, immagini e miti, di contenuti simbolici e ana-logici come antidoto all’ansia ed allo spaesamento.
Alicudi e la segale cornuta non è, difatti, soltanto un’indagine condotta per restituire all’immaginario mitico-magico di Alicudi la dignità che gli spetta nella grande cornice della complessità del vissuto umano ma è piuttosto un tassello di una più ampia visione di critica culturale che rivendica un approccio razionale alle narrative umane di tipo non-scientifico (epica, poesia, religione etc). La perdita di ogni tipo di legame identitario, di contatto quotidiano e di capacità interpretativa di ciò che non è spiegabile utilizzando i metodi delle scienze naturali potrebbe significare che abbiamo immolato inconsapevolmente all’altare del presunto ‘progresso scientifico’, nel culto monoteistico della crescita economica il mistero, l’incanto, la meraviglia dello stare al mondo. Potrebbe significare rimanere in una realtà distorta in cui l’impossibile del mito può solo essere o ‘spazzatura mentale della creduloneria popolare’ o un delirio allucinatorio dovuto a un’intossicazione. Abbiamo ucciso prima Dio (Nietzsche), poi le lucciole (Pasolini) e forse stiamo strangolando lentamente quello che di più umano rimane in noi stessi.

Tommaso Ragonese
Filosofo, guida sportivo escursionistica, ex velista sportivo. Dal 2021 vive ad Alicudi dedicandosi alla pratica delle attività tradizionali, alla ricerca storica, etnografica, archeobotanica ed alle pratiche contemplative. Ha pubblicato ‘Il Bene sia con Voi!‘ (2022) e il saggio ‘Alicudi e la segale cornuta’ (2024). Oggi è la guida dell’isola e produce ‘Arcura’, un vino artigianale ottenuto recuperando vecchi vigneti ad alberello in contrade storiche.
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Alicudi: gli allucinati siete voi!
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Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Nel saggio “Alicudi e la segale cornuta” (2024) edito da Meltemi Editore propongo una lettura complessa del rapporto tra mito e realtà, riabilitando le credenze mitico-magiche e ponendo fine a trent’anni di fandonie.
Testo di Tommaso Ragonese
Foto di Marco Crupi
In questo articolo mi propongo di fornire un breve sunto degli argomenti che affronto approfonditamente nel mio libro ‘Alicudi e la segale cornuta’ per smentire conclusivamente la diceria (chiamarla ipotesi o teoria è decisamente troppo generoso) che la sopravvivenza di un immaginario magico e di credenze stregonesche ad Alicudi sia il prodotto di un’allucinazione collettiva dovuta ad un’intossicazione alimentare. Come vedremo, questa fandonia si smonta con facilità disarmante. Più disarmante ancora, a mio avviso, è il fatto che una fesseria di questo calibro sia diventata una verità conclamata senza il benché minimo fondamento storico o scientifico. Piuttosto che le presunte allucinazioni di Alicudi è proprio questo fatto che merita la nostra attenzione. Il saggio è, infatti, provocatoriamente sottotitolato ‘Alle origini di un’allucinazione collettiva’.
“Se pur di spiegare le credenze mitico-magiche sopravvissute in popolazioni che sono rimaste in qualche modo isolate fino a oggi, al riparo dalle influenze culturali del mondo industrializzato/globalizzato/digitalizzato, si è pronti ad attribuirle a un’allucinazione provocata da un’intossicazione alimentare, allora gli allucinati siamo noi”
Alicudi e la segale Cornuta, p. 166
Il corpo di questo articolo contiene estratti dal libro Alicudi e la Segale Cornuta, edito da Meltemi Editore nella collana Atlantide.
Ciò che resta del mondo arcaico di Alicudi

Ad Alicudi ho il piacere e il privilegio di passare molto tempo in compagnia dei vecchi. Insieme a loro ho cercato di ricostruire la trama di un vissuto, potremmo dire, arcaico dell’isola, la cui testimonianza sono le opere in pietra con cui gli antichi avevano osato l’impossibile: addomesticare “questa roccia arsa dal fuoco, questa lava indurita dall’aria, queste scorie solcate dall’acqua delle tempeste” (Alexandre Dumas, Viaggio alle Eolie). Questo cercare la compagnia dei vecchi, talvolta silenziosa come l’isola, talaltra punteggiata dai loro racconti, mi ha trascinato nel loro mondo: un mondo di capperi e di pesci, di reti e di mazze, di barche e di scecchi. Ma anche il mondo di spiriti e demoni. Mi ritrovai, come Caro Baroja tra i contadini baschi, in prossimità di gente che, “protetta dietro lo scudo della loro misteriosa lingua [della loro misteriosa isola, nel caso degli anziani arcudari; N.d.A.], conservava un’immagine del mondo di tipo arcaico”. Anche l’antropologo spagnolo ebbe
“l’occasione di conversare con persone anziane […] che potevano essere considerati casi rilevanti di mentalità magica. Uno dei tratti più caratteristici […] era quello di credere fermamente nella facoltà, attribuita a certi esseri umani, di trasformarsi in animali, di volare o di compiere altre azioni che nel complesso siamo soliti chiamare (a volte senza sapere perché) stregonesche.”
Julio Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo
E così il primo capitolo del libro è un viaggio attraverso il mondo mitico-magico di Alicudi, dai pescatori che tagliano trombe marine alle matriarche di famiglie dedite all’agricoltura e alla pastorizia che raccontano di voci, apparizioni, riti e formule misteriose. Compaiono spiriti che banchettano, donne che si tramutano in serpe, diavuli malevoli, animali ‘malocchiati’ e le famigerate majare, donne che ‘conoscevano le parole’ e che, ungendosi con un’acqua ‘speciale’, erano in grado di compiere voli notturni e razzie in terre lontane. Storie con un significato o, nelle parole dello storico Trevor-Roper, “spazzatura mentale della creduloneria popolare”? Non facevo in tempo a domandarmelo che da tutte le parti mi arrivava una sola risposta: è colpa della segale cornuta! Tutti drogati da pane ammuffito che causava allucinazioni! Alé.

Silverio T. (sinistra) ed io alla cala delle reti.
La genesi di una fandonia
Stando a sentire i turisti o facendo una rapida ricerca online, è evidente che la notizia ha già fatto il giro del mondo: Sudafrica, Regno Unito, Australia, Francia, Croazia. CNN Travel titola: Alicudi: Italy’s LSD island, ovvero: Alicudi: l’isola italiana dell’LSD. Traduco dall’inglese:
“Quello [l’attuale Casa Mulino] era il vecchio mulino del paese dove le donne facevano ogni mattina il pane allucinogeno e dove nuvole di polvere psichedelica hanno aleggiato per decenni […]. Generazioni di isolani si sono nutriti di pane contaminato dalla segale cornuta […]. Le donne preparavano il pane allucinogeno ogni mattina e servivano a mariti e figli la loro dose quotidiana di LSD […]. Tutti gli isolani erano drogati senza nemmeno saperlo […]. Visioni e trip mentali erano avventure quotidiane […]. Questa gente era fatta di LSD 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.”

Alicudi: vista dello Scario (1915). In basso a destra l’attuale Casa Mulino.
In nessuno degli articoli in cui viene trattato l’argomento si trova alcun dato concreto a suffragio di questa versione dei fatti. Nessun riferimento a documenti storici, ritrovamenti archeobotanici, studi pubblicati su riviste scientifiche o da editori con un minimo di reputazione. Giusto qualche frase a effetto condita da un “l’ha detto l’antropologo”, o “l’ha detto lo storico locale”. Tra coloro che gridano all’allucinazione collettiva quasi nessuno sa nemmeno da dove sia emersa questa versione dei fatti. Il responsabile della sua divulgazione è un personaggio che compare sia in una puntata della rubrica televisiva Mediterraneo andata in onda su Rai 3 nel 1996 che, una decina di anni dopo, in un breve documentario intitolato ‘L’isola analogica’. Si tratta di Elio Zagami, psichiatra e psicanalista di origini arcudare. Qui di seguito si possono visionare entrambi:
Quando le donne volavano – RAI, Mediterraneo (1996)
L’isola analogica (2007)
Suggestionante, sbalorditiva, geniale: la tesi di Elio è oggi una verità conclamata. Per il popolo di internet, che a luglio 2022 supera i 5 miliardi di persone, ovvero il 65% della popolazione mondiale, i racconti di streghe, spiriti e cose tinte ad Alicudi hanno finalmente una spiegazione. Per gli scettici come me, che su questo scoglio ho avuto il privilegio di vivere, al riparo da internet, per gli ultimi quattro anni, l’unico motivo di sbalordimento è come una congettura fantasiosa possa essere stata presa così seriamente.
Stronzate a mille

Andiamo con ordine. Col termine italiano ‘segale cornuta’ ci si riferisce agli sclerozi del fungo ascomicete noto scientificamente come Claviceps purpurea (Fries ex Fries) Tulasne, 1853. Più conosciuto con il termine francese ergot, ossia “sperone”, questo fungo parassita genera, nelle graminacee infette, delle escrescenze a forma di speroni o di corna, di colore nero, grigio scuro o purpureo, da cui, appunto, l’appellativo di segale cornuta. Si dà il caso che tali sclerozi ospitino un largo spettro di sostanze farmacologicamente attive tra cui oltre quaranta alcaloidi. Alcune proprietà di questi sclerozi erano già note nella medicina popolare tedesca del XVI secolo, come farmaco uterotonico per stimolare le contrazioni del parto o indurre un aborto. L’ingestione di cereali contaminati dal fungo è stata ritenuta fin dalla fine del ‘600 responsabile di episodi di ‘ergotismo’, una sindrome dal quadro sintomatologico estremamente variabile, dalle cancrene alle crisi convulsive accompagnate da delirio. La componente psicoattiva degli alcaloidi dell’ergot ha goduto improvvisamente di una notorietà senza precedenti a partire dal secondo dopoguerra. Ciò è avvenuto in seguito all’isolamento a partire dall’acido lisergico (la molecola farmacologicamente attiva comune agli alcaloidi dell’ergot) della dietilamide dell’acido d-lisergico, meglio nota come LSD, da parte del chimico svizzero Albert Hofmann.
Non è un caso che Elio Zagami si specializzò in psichiatria all’Università di Napoli negli anni ‘60, periodo in cui, bisogna ricordarlo, l’LSD veniva commercializzato dalla casa farmaceutica Sandoz come farmaco psichiatrico con il nome di ‘Delysid’ per il trattamento, tra l’altro, dei disturbi dell’umore. Elio fu non soltanto aperto e interessato all’esplorazione dell’esperienza psichedelica ma fu certamente influenzato, nella formulazione della tesi dell’allucinazione collettiva di Alicudi, da una certa letteratura che in quegli anni tendeva a stabilire un nesso causale tra l’assunzione di segale cornuta ed episodi di visioni, deliri, isterie, esperienze allucinatorie individuali o collettive verificatisi in diversi momenti storici.
Robert Gordon Wasson inaugurò questa letteratura insieme al chimico Albert Hofmann e al classicista Carl Ruck con il libro The Road to Eleusis, sostenendo che la segale cornuta fosse l’ingrediente psicotropo del kikeon, bevanda rituale usata nel culto eleusino di Demetra. Mary Kilbourne Matossian ha sostenuto che l’ergotismo fosse coinvolto nella tristemente famosa caccia alle streghe di Salem Village in Massachusetts, mentre Carlo Ginzburg, in Storia Notturna, sempre sulla base delle ricerche di Wasson, ha azzardato che vi fossero delle associazioni tra la licantropia, il Soma-haoma (pianta-divinità delle religioni zoroastrica e vedica) e i funghi Amanita muscaria o Claviceps purpurea. Un altro fatto di cui Elio Zagami avrà certamente tenuto conto è il cosiddetto affaire du pain maudit, un’intossicazione collettiva che provocò deliri e allucinazioni tra gli abitanti del piccolo villaggio francese di Pont-Saint-Esprit nel 1951 e che fu causata, si pensò inizialmente, da una partita di farina contaminata da segale cornuta.

Elio Zagami sulla sinistra.
Nel secondo capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta ho approfondito ognuna di queste ipotesi, sottoponendola ad un rigoroso vaglio critico e concludendo che si tratta di pure congetture indimostrabili, sostenute da argomentazioni deboli o fallaci. Le stesse debolezze che ho evidenziato in dettaglio nel terzo capitolo riguardo l’ipotesi di Zagami circa la presunta ‘epidemia di segale cornuta’ ad Alicudi. In particolare, ho argomentato (i) che le notizie sulla coltivazione della segale e su fenomeni di ergotismo nel Sud Italia sono esigue; (ii) che, sebbene sia plausibile che la segale fosse coltivata alle isole Eolie, essa rimaneva un cereale “di ripiego” rispetto al frumento e all’orzo e che non sono comunque mai state registrate infestazioni fungine “epidemiche” tra le graminacee domestiche nell’arcipelago eoliano; (iii) che, se è vero che ad Alicudi si verificarono fenomeni allucinatori, è ugualmente plausibile che questi siano stati causati da tutta un’altra serie di micotossine o dallo stato di indigenza unito ai fragili equilibri psichici degli isolani; (iv) che gli alcaloidi della segale cornuta, oltre agli effetti psicoattivi, causano in genere un ampio spettro di effetti collaterali, inclusa la morte, che non risultano affatto documentati e di cui non esiste alcuna traccia nella memoria orale.
“La debolezza fondamentale delle ipotesi ergotiche, da Ginzburg a Elio Zagami, sta nel fatto che si basano su un ragionamento al contrario, un reverse engineering puramente congetturale basato sull’equazione, implicita ed erronea, segale cornuta = LSD. All’associazione tra LSD e segale cornuta, che consiste nel fatto che il primo è stato isolato a partire da un alcaloide della seconda, Ginzburg conferisce un vero e proprio carattere mitologico. È come dire che, dal momento che dal petrolio si estrae la benzina Super a 95-98 ottani, allora il petrolio è benzina Super a 95-98 ottani. Ma dubito che la vostra macchina “digerisca” questa minchiata.”
Alicudi e la Segale Cornuta, p. 100
Potremmo anche rimanere agnostici riguardo la presenza della segale alle isole Eolie, riguardo la sua vulnerabilità all’ergot e riguardo la presunta psicoattività di quest’ultimo. Tuttavia non credo sia possibile dare alcun credito a speculazioni, congetture o ipotesi ergotiche per spiegare i cunti arcudari alla luce di un singolo fatto, “costituito dalla ricorrenza di racconti analoghi in tutte le isole dell’arcipelago e, soprattutto, dalla loro cronologia, estesa ad un arco temporale assai più vasto” dei tre anni tra il 1902 e il 1905, come sottolinea giustamente Pietro Lo Cascio in un trafiletto nel suo volume Le Isole Eolie. L’ipotesi dell’intossicazione collettiva da segale cornuta esposta da Elio Zagami in Quando le donne volavano e ne L’isola analogica e poi riverberata dalla stampa di mezzo mondo può dirsi, dunque, conclusivamente smentita dal fatto che la quasi totalità dei racconti arcudari collima con un panorama mitologico comune non solo all’intero arcipelago eoliano ma al bacino del Mediterraneo e a tradizioni di respiro indoeuropeo, le cui origini si perdono, come spesso accade nella storia dell’oralità, nell’alba dei tempi. È questa, in realtà, la storia fantastica di Alicudi.
La vera storia fantastica di Alicudi
Ricordo con piacere le settimane trascorse a condurre ricerche presso la Biblioteca Nazionale di Firenze. Settimane in cui prese forma il quarto capitolo di Alicudi e la Segale Cornuta titolato ‘Analisi Comparata della mitologia arcudara’. In questo capitolo metto in luce correlazioni, isomorfismi, continuità tra le strutture narrative, le immagini, i simboli e i protagonisti dei racconti di Alicudi ed altre tradizioni mitico-magiche. A partire da altri racconti dell’arcipelago eoliano già raccolti in alcuni lavori di ricerca etnoantropologica moltissimi sono gli elementi che collocano l’immaginario arcudaro all’interno di una cornice geografica e culturale ben più ampia, e che lo configurano come del tutto coerente con quello che Carlo Ginzburg ha definito il “remoto sostrato eurasiatico” nel quale affonda le radici l’intero edificio culturale dell’Occidente.

Gesù e l’indemoniato di Gerasa. Alexander Master (1430).
I maiali posseduti che si gettano in acqua sono reminiscenti del racconto biblico dell’indemoniato geraseno. Le donne che praticano sortilegi con l’ausilio di unguenti e sortilegi, prima di essere codificate nella figura della strega dalla Santa Inquisizione, compaiono già nelle Metamorfosi di Apuleio o nel Satyricon di Petronio; il nome delle donne dedite al culto notturno della dea Diana, ‘Dianare’, è origine etimologica del termine dialettale ‘janare’, in Campania, poi ‘majare’ in Sicilia. Il loro ‘pentolino’ magico è già protagonista del viaggio di Ercole verso la terra extramondana delle Esperidi. Il valore apotropaico dei nodi era noto tanto ai maghi Lapponi quanto alle streghe dello Shetland secondo lo storico saggio dell’antropologo scozzese James Frazer ‘Il ramo d’oro’.
Allo stesso modo era noto quello dei chiodi o dei numeri 3 e 7 nel folklore romagnolo secondo gli studi di Michele Placucci o nelle credenze popolari calabresi, secondo quelli di Vincenzo Dorsa. Lo stesso si può dire del sale come si evince dagli archivi processuali dell’Inquisizione o dall’opera Disquisitionum Magicarum di Martin del Rio (1606). Il melograno è già simbolo di una continuità tra il regno vivente ed il regno dei morti nel mito del ratto di Persefone ed è rimasto nella tradizione pugliese del cicc cuott o “grano dei morti”, pietanza a base di grano e melograno, preparata la sera di Ognissanti per ristorare gli spiriti dei defunti nel loro transito annuale attraverso il mondo dei vivi. La labilità del confine vita-morte è evidente nella credenza diffusa ad Alicudi come in buona parte del Sud Italia che le serpi (o anche altri rettili) siano in realtà anime dei defunti. Credenza, questa, già presente nel culto greco-latino degli ἀγαθοδαίμωνες e dei lares, ‘spiriti buoni’, custodi della casa.

Raffigurazione serpentiforme dei Lari romani, Pompei VII, 6, 3, 8905.
Segale cornuta? Allucinazioni collettive? Mi viene in mente la scena del film Paz!, tratto dai fumetti di Andrea Pazienza, colonna sonora dei CCCP, in cui il tormentato Pentothal, di fronte alla retorica urlante dei movimenti studenteschi della Bologna degli anni ’70, finiva con lo sbottare: “Stronzate a mille!”. Se la stampa avesse prestato la dovuta attenzione alle parole di Elio Zagami Alicudi e la Segale Cornuta non sarebbe mai stato scritto. “A caccia di quali storie siete?”, aveva chiesto Elio ai documentaristi all’inizio de L’isola analogica, “A caccia di storie fantastiche o a caccia di storie reali?”. La risposta non è, come si può credere, che il racconto del mito è una storia fantastica e l’intossicazione allucinogena è la storia reale. Le cose sono più complesse. Ma la complessità non sembra essere, purtroppo, compatibile con gli stili di vita, l’ideologia prevalente, la metafisica disincantata, la soglia dell’attenzione e la media di approfondimento culturale di oggi.
Credo lo sapesse bene Elio e sospettasse che la storiella dell’allucinazione collettiva avrebbe accattivato buona parte delle testate giornalistiche a caccia di click e dei loro stipendiati pennivendoli. Ma Elio era un uomo più intimamente legato alla complessità di quanto possa forse sembrare. È sua, d’altro canto, la frase “non c’è bisogno di andare in cerca di storie fantastiche perché la realtà stessa è una storia fantastica”. Significa che la sopravvivenza di una mentalità mitico-magica ad Alicudi (nonché la sua trasposizione in una peculiarissima ‘mitologia del quotidiano’ nella quale la popolazione isolana odierna rimane immersa) e di un patrimonio folklorico in generale sono da celebrare perché possono forse suggerirci qualcosa che abbiamo dimenticato.
Ovvero che l’uomo, per chiosare lo storico Harari, è un animale il cui tratto distintivo è la creazione, la narrazione e la codificazione di storie fittizie. Il mito è nel nostro corredo psicofisiologico. La ‘realtà’ è tutt’altro che qualcosa di scontato, soprattutto per quanto riguarda le frontiere tra la realtà fisica e il mondo immaginario e onirico, il mondo dei segni e della notte, l’inconscio. Zagami definisce quest’ultimo una ‘realtà analogica’, dove non regna la logica ma la fantasia, il simbolismo, l’allegoria, così come anche la contraddizione, l’assurdo, la confusione. La sfida lanciata dall’immaginario magico di Alicudi all’uomo contemporaneo è dunque il recupero e l’integrazione del suo immaginario, del suo patrimonio arcaico fatto di storie, immagini e miti, di contenuti simbolici e ana-logici come antidoto all’ansia ed allo spaesamento.
Alicudi e la segale cornuta non è, difatti, soltanto un’indagine condotta per restituire all’immaginario mitico-magico di Alicudi la dignità che gli spetta nella grande cornice della complessità del vissuto umano ma è piuttosto un tassello di una più ampia visione di critica culturale che rivendica un approccio razionale alle narrative umane di tipo non-scientifico (epica, poesia, religione etc). La perdita di ogni tipo di legame identitario, di contatto quotidiano e di capacità interpretativa di ciò che non è spiegabile utilizzando i metodi delle scienze naturali potrebbe significare che abbiamo immolato inconsapevolmente all’altare del presunto ‘progresso scientifico’, nel culto monoteistico della crescita economica il mistero, l’incanto, la meraviglia dello stare al mondo. Potrebbe significare rimanere in una realtà distorta in cui l’impossibile del mito può solo essere o ‘spazzatura mentale della creduloneria popolare’ o un delirio allucinatorio dovuto a un’intossicazione. Abbiamo ucciso prima Dio (Nietzsche), poi le lucciole (Pasolini) e forse stiamo strangolando lentamente quello che di più umano rimane in noi stessi.

Tommaso Ragonese
Filosofo, guida sportivo escursionistica, ex velista sportivo. Dal 2021 vive ad Alicudi dedicandosi alla pratica delle attività tradizionali, alla ricerca storica, etnografica, archeobotanica ed alle pratiche contemplative. Ha pubblicato ‘Il Bene sia con Voi!‘ (2022) e il saggio ‘Alicudi e la segale cornuta’ (2024). Oggi è la guida dell’isola e produce ‘Arcura’, un vino artigianale ottenuto recuperando vecchi vigneti ad alberello in contrade storiche.