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Il Giro della Sicilia in 80 Giorni: Un’Introduzione

Il Giro della Sicilia in 80 Giorni: Un’Introduzione

Combinando la ricerca del patrimonio, la difesa ambientale e l’attivismo civico, il nostro Grand Tour di 2000 km è stato un appello per i siciliani a ritrovare il contatto con le proprie radici e per promuovere forme di turismo più sostenibili.

TESTO DI TOMMASO RAGONESE

FOTO DI MARCO CRUPI

Dopo molti anni all’estero, l’impulso di riscoprire la nostra isola natia promuovendo pratiche di vita più sostenibili si è trasformato nel progetto di viaggio più ambizioso mai realizzato in Sicilia. Celebrando il bicentenario della pubblicazione del “Viaggio in Italia” di Goethe, l’itinerario è stato concepito in modo da sfidare gli stereotipi comuni sulla Sicilia, eludere le principali destinazioni turistiche e offrire un punto di vista unico da cui la Sicilia potesse ancora affascinare gli osservatori contemporanei, come fece con Goethe due secoli fa. Questo è stato il primo atto di Slow Sicily.

“L’Italia non lascia traccia nell’anima senza la Sicilia: la Sicilia è la chiave di tutto.” – J. W. von Goethe

Come tutto è iniziato

Tommaso Ragonese

Tommaso Ragonese.

Nato a Messina, ho lasciato la Sicilia prima ancora di diventare maggiorenne per frequentare un collegio in Inghilterra. È passato più di un decennio prima che decidessi di tornare, dopo aver lasciato il mio lavoro in una grande azienda all’estero e attraversato una profonda crisi del quarto di vita. Attratto da questa ricerca personale nella città natale di mio padre, Cesarò, situata sui Nebrodi, nel nord-est della Sicilia, un giorno mi sono ritrovato nel bar del piccolo paese. La proprietaria, una donna di 93 anni, mi guardava insistentemente da dietro il bancone. “A cu’ apparteni?” mi chiese nel dialetto locale, che in italiano significa: “Chi sei? Di quale famiglia fai parte?”.

L’identità personale, per la sua generazione, era sinonimo di “appartenenza” a una famiglia. Anche se non mi aveva mai visto prima, nei miei tratti è stata in grado di riconoscere mio padre, che era cresciuto in città. Quello che non poteva immaginare era che la sua domanda mi avrebbe colpito profondamente, facendomi realizzare quanto poco, dopo tutti i miei viaggi, conoscessi davvero della mia famiglia, delle mie origini, della mia terra natia. Riempire quella lacuna di conoscenza potrebbe avvicinarmi a una comprensione di ciò che la vecchia donna, incredibilmente, sembrava sapere, cioè “chi sono veramente?”.

L'anziana proprietaria del bar.

L’anziana proprietaria del bar.

Marco Crupi

Marco Crupi.

Sperando di riacquistare un senso di appartenenza, di trovare una connessione significativa con le mie radici in un mondo sempre più veloce e globalizzato, mi sono preparato a intraprendere un viaggio di scoperta e introspezione con il mio più caro amico e compagno di viaggio di lunga data, Marco Crupi.

Alla ricerca della Sicilia perduta

Mentre orde di turisti si riversano nelle strade di Taormina o fanno la fila fuori dalla Valle dei Templi ad Agrigento, sempre più siciliani trascorrono i loro weekend in outlet e centri commerciali, dimenticando la bellezza dei loro dintorni. Allo stesso modo, mentre i visitatori spesso hanno una visione, purtroppo parziale, delle cose siciliane, i siciliani sembrano aver dimenticato l’unicità del loro patrimonio e l’urgenza di proteggerlo.

Il nostro compito era proprio quello di ricordare a noi stessi e al mondo quale tesoro ineguagliabile sia la Sicilia e di riflettere sia sul significato delle nostre scoperte per la nostra identità, sia sui valori che ci rendono cittadini di un mondo globalizzato. Come scrisse una volta lo scrittore di viaggi britannico Norman Lewis:

“Il siciliano è l’erede di un’antica e splendida civiltà dalla quale ha ereditato standard umani di notevole pregio”.

La scoperta della nostra terra incontra la sostenibilità

Dalle tonnare abbandonate ai monasteri dimenticati, dal bambino che continua una tradizione millenaria di raccolta manuale del sale all’ultimo venditore ambulante di cioccolato del mondo, abbiamo cercato tracce tangibili e intangibili di un passato siciliano condiviso. Abbiamo scoperto che gran parte di ciò che è unico e ancora vivo in Sicilia ha a che fare con una connessione tra uomo e natura che è stata interrotta all’incirca tra la generazione di mio nonno e quella di mio padre. Millenni di vita umana su un’isola straordinariamente biodiversa e fertile hanno generato tradizioni di agricoltura, pesca e artigianato che erano fondamentali per l’economia dell’isola e che riteniamo siano cruciali per una rinascita di una forma di sviluppo umano sostenibile, dal punto di vista ambientale ed economicamente valido sull’isola. Ecco perché abbiamo collaborato con la Fondazione Slow Food, il cui obiettivo è proteggere la biodiversità, il paesaggio e le culture alimentari locali.

L’urgenza di trovare nuovi impulsi per lo sviluppo economico e umano è ancora più rilevante in Sicilia, dove un’economia stagnante, la pervasività di un tipo di nepotismo mafioso, un disprezzo sconfortante per la conservazione dell’ambiente e una costante emorragia umana nelle giovani generazioni stanno prosciugando l’isola del tanto necessario potenziale di cambiamento positivo. Ecco perché abbiamo concepito il nostro viaggio attorno a due principi: minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare l’impatto sociale positivo. Abbiamo pianificato un viaggio a impatto zero, in bicicletta e con pannelli solari per caricare i nostri dispositivi elettronici, senza utilizzare plastica monouso, segnalando i siti di smaltimento illegale dei rifiuti e includendo nelle nostre fotografie e interviste decine di persone che hanno fatto delle pratiche sostenibili e della protezione del patrimonio l’essenza stessa delle loro iniziative associative o imprenditoriali. Questo è ciò che significava per noi vivere secondo gli “standard umani più elevati” ereditati dalle “antiche e splendide civiltà” di cui noi, come siciliani, siamo eredi.

Diario di viaggio

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